Linfodrenaggio Manuale
Linfodrenaggio Terapeutico
L’espressione linfodrenaggio è ormai divenuta d’uso comune come abbreviazione per linfodrenaggio terapeutico e fisioterapia dell’edema. Tale metodica prevede tre manualità principali:
1) Manovra di preparazione delle stazioni linfatiche;
2) Manovra di svuotamento;
3) Manovra di reimmissione.
Si effettuano delle prese con ampia superficie d’appoggio in modo circolare e nello stesso momento in direzione della corrente centripeta (verso il cuore) nei vasi linfatici, facendo risultare una deformazione dei tessuti lenta e con lieve pressione. Tramite la frequente ripetizione delle prese durante il trattamento si riesce a stimolare l’automatismo muscolare dei vasi linfatici (contrattilità linfovasale) in maniera tale che la possibilità di una contrazione rafforzata persista per delle ore.
Lo scopo è quello di consentire il riassorbimento della linfa dall’interstizio e favorirne, successivamente, il suo reflusso verso la principale stazione linfatica. Oltre alle sei stazioni linfonodali principali (2 sovraclaveari, 2 ascellari e 2 inguinali) esistono vie linfatiche alternative (via latero-toracica, via interglutea, via di Mascagni, via di Caplan, ecc.) che possono essere utilizzate dal terapeuta in caso di scarso risultato con il trattamento tradizionale o in casi di drenaggio specifico del viso dopo interventi chirurgici come lifting totali e parziali, blefaroplastica e rinoplastica. La scelta dell’una o dell’altra viene fatta esclusivamente dal terapista. Ogni trattamento deve necessariamente essere personalizzato. Importante da osservare è che tutte le vie linfatiche alternative devono essere stimolate esclusivamente con manovre di svuotamento!
In molti casi il trattamento prosegue con l’applicazione di un bendaggio, oppure di una calza o di una guaina di compressione (in post-intervento di liposuzione agli arti o addominoplastica), allo scopo di evitare il reflusso dell’edema nel tessuto reso morbido dal linfodrenaggio. Nel massaggio classico, al contrario del linfodrenaggio, si eseguono delle deformazioni del tessuto più rigorose ed iperemizzanti, che possono causare un peggioramento degli edemi.
Il linfodrenaggio viene effettuato da linfoterapeuti, vale a dire da massofisioterapisti altamente specializzati!
Linfedemal
Il Linfedemal è un trattamento riabilitativo nei linfedemi insorti in pazienti sottoposte a mastectomia con svuotamento ascellare. Nelle pazienti trattate per neoplasia della mammella, l’asportazione dei linfonodi ascellari e gli esiti sclerosanti della radioterapia sono le cause principali dell’insorgenza del linfedema. Il sistema dei vasi linfatici è una circolazione supplementare al sistema venoso. La sua funzione principale è la rimozione del liquido interstiziale eccedente e delle sostanze che sono trasportate dal sistema linfatico: grassi, cellule vive e morte, frammenti di cellule, corpi estranei, batteri, prodotti del metabolismo.
Il linfedema è una delle complicanze più conosciute dello svuotamento ascellare, anche se sia il numero dei casi sia l’entità era molto più elevata quando le pazienti erano sottoposte a chirurgie ampiamente demolitive ed a radioterapia sui linfonodi mammari interni, ascellari e sovraclaveari e a dosaggi più elevati rispetto alle attuali terapie. Le terapie motorie e fisiche impostate dopo l’intervento, durante e dopo la radioterapia e la prevenzione riducono l’incidenza e l’entità del linfedema, prevenendo blocchi scapolo-omerali, riducendo sul nascere le flogosi locali, stimolando il sistema venoso e linfatico.
Trattamento Flebologico
Il drenaggio linfatico metodo Leduc nella riabilitazione flebologica.
Una moderna concezione della flebologia deve necessariamente considerare la riabilitazione come uno dei cardini del trattamento completo. In patologie di questo tipo, il linfodrenaggio manuale risulta una delle metodiche fisioterapiche più diffuse e con maggiori risultati duraturi. Il corretto trattamento di una patologia flebologica degli arti inferiori comprende inizialmente la diagnosi clinica e strumentale, la pianificazione e la conduzione di una terapia adeguata e infine un periodo di riabilitazione nel quale si riducono i postumi delle terapie e l’arto riprende il corretto funzionamento.
Fino ad oggi non vi è una chiara standardizzazione del percorso riabilitativo del paziente flebopatico: in effetti se consideriamo anche solo il decorso postoperatorio dei pazienti operati di varici, risulta un’evidente disomogeneità di trattamenti dove, a forti elastocompressioni portate per anni dopo l’intervento si contrappone un’elastocompressione di una sola settimana dopo stripping safenico.
La mancanza di standardizzazione è ancora più evidente se si considerano poi i trattamenti che mirano anche alla componente linfatica dell’edema.
Il trattamento riabilitativo deve essere mirato alla risoluzione dell’edema: già nella settimana che precede l’intervento, l’arto da operare è trattato con drenaggio linfatico manuale (metodo Leduc) seguito da una breve fase di pressoterapia (15/20 minuti) ad una pressione massima di 30/40 mm Hg.
Dopo l’intervento, al momento della rimozione delle bende, l’arto viene trattato ancora con il medesimo protocollo, ponendo attenzione al trattamento delle cicatrici (in caso di stripping safenico o eventuale altro intervento chirurgico) nelle manovre di stimolazione inguinale linfonodale. Ogni seduta è seguita da una compressione elastica (in genere di 2°kll-classe). La durata e il mantenimento della compressione vengono decisa dal terapista unitamente al flebologo o angiologo, in base al miglioramento dell’arto operato.
Ovviamente la finalità è quella di svezzare l’arto dalla elastocompressione fino alla completa indipendenza dalla stessa.
Infine, la posizione declive dell’arto in determinati momenti della giornata e una giusta ginnastica posturale e di mantenimento del trofismo muscolare, permettono al paziente di ritornare ad una normale conduzione di vita.
Questo tipo d’approccio riabilitativo è stato, fino a pochi anni fa, la metodica più adeguata per problemi flebologici. Oggi la metodica più diffusa nel trattamento delle problematiche sopraindicate è il drenaggio venoso-manuale. Di recentissima introduzione nella pratica fisioterapica è senz’altro l’applicazione elettiva nell’ambito delle sindromi varicose. La tecnica, che dal punto di vista esecutivo si avvicina moltissimo alle manovre del massaggio tradizionale di sfioramento con pressioni cutanee marcate, si prefigge di instaurare un gradiente pressorio positivo nel senso circolo venoso superficiale-vasi perforanti-circolo venoso profondo degli arti inferiori.
Prima di eseguire le manovre di massaggio drenante, nel pieno rispetto del decorso anatomico dei vasi venosi superficiali sottostanti la zona da trattare, si realizza la cosiddetta stimolazione dei sifoni venosi (zona di incontro tra il circolo venoso superficiale e quello profondo dell’arto).
Altre terapie fisiche coadiuvanti sono:
– La pressoterapia con pressioni superiori a quelle indicate per il sistema linfatico pari a 50/60 mm Hg;
– La ginnastica isotonica sotto elastocompressione;
– La terapia termale utile soprattutto nella fase di cronicizzazione di patologie venose.
Chirurgia Plastica
E’ risaputo che dopo qualsiasi intervento di chirurgia plastica ricostruttiva, più o meno invasiva (alcuni esempi d’intervento: bleferoplastica, rinoplastica, lifting parziale o totale, liposuzione, mastoplastica additiva e riduttiva), risulta necessario, per non dire indispensabile, che nella fase post-operatoria il paziente si affidi a professionisti del settore, esperti in linfodrenaggio manuale, in grado di risolvere al meglio edemi ed eventuali esiti cicatriziali. Pertanto è importante intervenire tempestivamente (10/15 gg) per evitare ulteriori e spiacevoli complicazioni.
La collaborazione che si instaura tra chirurgo e terapista deve automaticamente basarsi sulla reciproca fiducia, con l’unica finalità del risultato ottimale dell’intervento e quindi della piena soddisfazione del paziente. Ogni trattamento deve necessariamente essere personalizzato e il DLM (Drenaggio Linfatico Manuale) è l’unica terapia in grado di riassorbire e modellare i tessuti trattati.
Nello specifico si attuano 3 manualità principali:
1) Manovra di preparazione delle stazioni linfonodali;
2) Manovra di svuotamento;
3) Manovra di reimmissione.
Si effettuano delle prese con ampia superficie di appoggio in modo circolare e in direzione centripeta, facendo risultare delle deformazioni del tessuto lente e con lieve pressione. Questa descrizione fa ben capire come il paziente che si sottopone a DLM recepisca una piacevole sensazione di svuotamento senza alcun tipo di dolore nonostante vengano trattati tessuti edematosi e al tatto doloranti.
Tramite la ripetizione dei movimenti (sfioramenti) si riesce a stimolare l’automatismo muscolare in maniera tale che la contrazione rafforzata persista per delle ore. Lo scopo è quello di consentire il riassorbimento e quindi la riduzione dell’edema.
Al contrario, nel massaggio classico, si eseguono delle deformazioni del tessuto più rigorose e iperemizzanti, le quali possono causare un peggioramento degli edemi. I trattamenti sostitutivi proposti da alcuni centri estetici (pressoterapia, massaggi, etc.) non sono realmente sostitutivi ed efficaci del DLM: anzi il più delle volte peggiorano la situazione post-operatoria del paziente.
Da ultimo, non è da dimentare l’effetto cicatrizzante del DLM, spiegabile grazie all’aumento del flusso linfatico che da una parte favorisce la rimozione dei cataboliti e dall’altra l’apporto di principi nutritivi con azione plastica e rigenerante del tessuto leso. Normalmente con 6-7 sedute di DLM a frequenza trisettimanale si riduce il 70-80% dell’edema. Più tempo si richiede (il più delle volte 3 settimane) per avere miglioramenti nell’ambito cicatriziale.
E’ importante non dimenticare che il linfodrenaggio viene effettuato da linfoterapeuti, i quali sono massofisioterapisti altamente specializzati.
